Pleurodeles nebulosus
Libri consigliati che trattano la specie....
Note tassonomiche:
Rivalidata da: Carranza, S., and Wade, E. (2004). Taxonomic revision of Algero- Tunisian Pleurodeles (Caudata: Salamandridae) using molecular and morphological data. Revalidation of the taxon Pleurodeles nebulosus (Guichenot, 1950). Zootaxa, 488, 1-24.
Al momento non sono riconosciute sottospecie per questo anfibio.
Descrizione:
Specie di taglia medio-piccola, che difficilmente raggiunge i 20 cm (mediamente misurano tra i 10 e i 18 cm, con femmine che raggiungono dimensioni tendenzialmente maggiori di quelle dei maschi). La testa si presenta molto compressa e appiatita. La pelle appare relativamente liscia se confrontata con quella dei più noti e diffusi Pleruodeles waltl, sebbene siano comunque presenti tubercoli in maggiore o minore quantità in base ai singoli individui. A differenza di P. waltl, in Pleurodeles nebulosus mancano le caratteristiche punte delle costole sporgenti e i rigonfiamenti ghiandolari sui fianchi. I tubercoli sono solitamente disposti in serie trasversali irregolari separate da pieghe. I tubercoli diventano più piccoli e numerosi proseguendo verso il ventre, che si presenta di colorazione distintamente più chiara. È presente una piega golare.
La lunghezza media della coda nei maschi è compresa tra i 60 e i 90 mm e nelle femmine è compreso tra 48 e 97 mm (Carranza e Wade 2004). La coda si presenta appiattita lateralmente (Salvador 1996). La colorazione dorsale è olivastra o marrone, mentre quella ventrale è bianco-giallastra (Schleich et al. 1996)
Specie Simili:
Stando all’ultimo aggiornamento del 2023, al momento vengono riconosciute tre specie appartenenti al genere Pleurodeles: P. waltl, presente nella Penisola Iberica e in Marocco, P. nebulosus e P. poireti, entrambe presenti in Nord Africa (Ben Hassine e Escoriza 2014).
Pleurodeles nebulosus è simile a P. poireti nella colorazione (Schleich et al. 1996), ma può essere distinto sulla base di dimensioni maggiori, una distanza interorbitale più ampia e zampe anteriori più lunghe. La specie in esame ha anche una fila di denti palatini più a forma di U, invece che a V come in P. poireti, P. nebulosus ha inoltre denti più corti e tubercoli cutanei leggermente ricurvi, che appaiono meno prominenti e più ravvicinati di quelli di P. poireti (Carranza e Wade 2004). I maschi di P. nebulosus hanno anche una coda più lunga, una testa più larga, più depressa e avambracci più lunghi rispetto ai maschi di P. poireti. Pleurodeles nebulosus si ibrida con P. poireti in diverse località. La maggior parte degli ibridi ha DNA mitocondriale di P. nebulosus, indicando che questa specie è la fonte materna. Le due specie condividono tipo di habitat e nicchie, quindi si ipotizza che escludano a vicenda l’altra specie dai propri areali con la loro densità di popolazione (Escoriza et al. 2016).
Da P. waltl, P. nebulosus può essere differenziato per il fatto che quest’ultimo è più piccolo e privo di macchie giallo-rossastre sulle costole, punte affilate delle costole che protrudono e file ghiandolari di rigonfiamento sui fianchi (Schleich et al. 1996, Carranza e Wade 2004). Rispetto al Pleurodele di Waltl, inoltre, le macchie dorsali appaiono più concentrate e marcate, e la separazione cromatica tra dorso e ventre è più netta.
Prima del 2004, tutti i Pleurodeles nebulous venivano commercializzati sotto il nome di Pleurodeles poireti, che in realtà corrisponde ad un’entità endemica ristretta alla Penisola di Edough. Risulta opinione diffusa che questa ultima specie non sia dunque mai effettivamente entrata in commercio.
Distribuzione e habitat:
Specie endemica e con areale ristretto e limitato alla costa dell’Algeria e della Tunisia, ad eccezione della penisola di Edough e dei suoi dintorni (Carranza e Wade 2004). In particolare si può trovare dall’Algeria centro-settentrionale alla penisola di Capo Bon in Tunisia (Amor et al. 2013) e dalla wilaya di Mascara a ovest fino alla Tunisia ad est (Merabet et al. 2016). Il suo areale attuale e le sue popolazioni risultano molto frammentati. Pleurodeles nebulosus occupa ed abita ambienti umidi in prossimità di fiumi, corsi d’acqua e stagni, ma può colonizzare anche zone semiaride (Joger 2003). Durante la fase terrestre si incontrano in foreste mesotermiche di latifoglie o nella macchia mediterranea, in cavità nel terreno o sotto a tronchi o sassi. Presentano anche un certo grado di tolleranza verso paesaggi alterati, come i campi agricoli (Ben Hassine e Escoriza 2017, IUCN 2021). La specie è stata rinvenuta dal livello del mare fino ai 1185 m s.l.m. (Merabet et al. 2016).
Allevamento e gestione in cattività:
La specie è altamente acquatica durante la stagione riproduttiva e altamente terrestre durante la stagione non riproduttiva (che corrisponde all’estivazione) (Ben Hassine e Escoriza 2017, IUCN 2021), questa potrà essere mantenuta quindi in un setup completamente acquatico per la maggior parte dell’anno; pertanto, un acquario o un acquaterrario si riveleranno strutture adeguante per una corretta stabulazione. Questa specie è nota per estivare nel terreno tra le radici delle piante durante i periodi caldi e secchi tra giugno – settembre/ottobre e può essere trovata in gruppi di più di dieci ma può anche essere solitaria (Amor et al. 2013, IUCN 2021).
L’estivazione in cattività che avverrà approssimativamente tra i mesi di giugno e agosto (in funzione delle temperature) consisterà in una più o meno breve fase terrestre, in cui gli animali lasceranno l’acqua per andarsi a rifugiare al di sotto di pietre o cortecce, si alimenteranno di meno e appariranno come relativamente statici. Un acquario tra i 100-120 litri (100x30x30/100x40x40), è sufficiente per ospitare un gruppetto tra i 5 e i 9 individui, mentre litraggi inferiori, come 70 o 80 litri, saranno sufficienti per una coppia o un trio. La stabulazione in fase terrestre potrà essere effettuata in contenitori a parte di dimensioni relativamente ridotte (contenitori sviluppati in orizzontale dai 15 ai 30 litri, o terrari 40x30cm o 40×40 cm), o all’interno dello stesso acquario in cui gli animali verranno mantenuti durante il resto dell’anno, strutturando una piccola zona emersa più o meno elaborata, che può essere rappresentata da semplici cortecce galleggianti di sughero o rocce impilate, oppure da vere e proprie zone emerse piantumate e ben allestite (modello terracquario). Si presenterà a prescindere molto importante mantenere un livello medio di umidità sia a livello del substrato (che deve essere sempre umido ma mai fradicio), sia a livello atmosferico e fornire molti rifugi, rappresentati da cortecce, muschi, tronchi e sassi. Per il substrato della zona emersa si potrà utilizzare argilla espansa, come materiale drenante, da ricoprire con fibra di cocco, torba o terriccio universale privo di sostanze chimiche e mischiabili con della sabbia.
Per quanto concerne la zona acquatica, il fondo della vasca potrà essere ricoperto con sabbia di granulato fine, grossi ciottoli o mantenuto nudo, per facilitare le operazioni di pulizia; rigorosamente da evitare il ghiaino o altri substrati di dimensioni intermedie, che potrebbero facilmente essere ingeriti e provocare pericolose occlusioni intestinali. La colonna d’acqua potrà essere mantenuta tra i 10 e i 20 cm, con oscillazioni in base alla stagionalità (colonna d’acqua più bassa in inverno ed estate, e più alta durante il periodo dei corteggiamenti, a simulare la stagione piovosa). Per la fase acquatica è consigliato un pH dell’acqua lievemente acido (consigliamo l’utilizzo almeno in parte di acqua di osmosi), sebbene si tratta di animali con poca sensibilità circa i valori dell’acqua, purché non vi siano presenti alte concentrazioni di cloro o metalli pesanti. La vasca dovrà inoltre presentare diversi rifugi e arredi, che potranno essere costituiti da rocce, trochi, piante acquatiche come Najas sp., Ceratophyllum sp., Egeria densa, Rotala sp., Vallisneria (utile anche per le deposizioni di uova), galleggianti come Salvinia natans, Pistia o Lemna, muschi acquatici, foglie secche di latifoglia e catappa, per simulare al meglio le pozze stagnanti in cui normalmente si riproducono. Un filtro per acquari potrà non essere inserito se si utilizzeranno ampi litraggi e verranno effettuati cambi d’acqua con regolarità; qualora si optasse per l’inserimento di un filtro questo dovrà generare poca o minima corrente. L’ illuminazione dell’acquario o terracquario non è strettamente necessaria ma è consigliata per il corretto sviluppo delle piante, e per far mantenere un corretto ciclo circadiano agli animali (si consigliano tra le 5 e le 8 ore di luce, in funzione della stagione).
Le temperature ottimali non dovrebbero mai superare i 25-27 C°, sebbene Pleurodeles nebulosus si presenti estremamente resistente alle alte temperature, rispetto alla media di sopportazione della maggior parte delle specie di urodeli. D’inverno, per incoraggiare la riproduzione e permettere una corretta maturazione delle gonadi, occorrerà far scendere le temperature al di sotto dei 20 C°; brume efficaci si sono rivelate essere ad esempio quelle comprese tra i 15 e i 10 gradi. Sarà necessario dotare la vasca di un coperchio a prova di fuga, che garantisca anche un ricambio di aria ottimale, come un coperchio in rete o zanzariera o con abbondanti griglie di ventilazione.
Alimentazione:
Questa specie, se tenuta in condizioni idonee, si dimostra estremamente vorace, arrivando ad accettare tranquillamente qualsiasi preda di dimensioni idonee le venga offerta. L’alimentazione è principalmente composta da anellidi e artropodi, in cattività si possono offrire pertanto lombrichi e larve di Chironomus surgelate come alimenti base, per poi variare la dieta con Daphnia, Cyclops, Lombriculus sp. (California black worms), Artemia o Krill surgelati (da sciacquare bene prima della somministrazione), piccoli grilli, blatte e isopodi, utili per la fase terrestre ma non sempre accettati. Come sempre, una dieta varia si rispecchierà nella salute degli animali. Le prede devono essere somministrate dalle 2 alle 3 volte a settimana, con una minore frequenza nel periodo invernale ed una maggiore nel periodo riproduttivo, in riferimento ad animali adulti/subadulti, mentre i giovani andranno alimentati con maggiore frequenza.
Riproduzione:
Gli accoppiamenti iniziano solitamente tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo, e possono proseguire fino a tarda primavera, in funzione delle temperature. Inverni insolitamente caldi possono stimolare un secondo periodo riproduttivo.
I maschi, una volta entrati in acqua, sviluppano inspessimenti cutanei, detti calli nuziali, in corrispondenza delle zampe anteriori, che nel periodo riproduttivo diventano bruno-rossastri (Sparreboom 2014, IUCN 2021) e una cloaca più marcata e prominente.
La fecondazione è interna. Durante l’accoppiamento, il maschio cinge la femmina con le zampe anteriori da dietro e dal basso, attaccandosi alle zampe anteriori di quest’ultima. Durante questo amplesso, che può durare da ore a giorni, vengono depositati numerose spermatofore trasferite poi alla femmina, con il maschio che si stacca dall’amplesso e “incentiva” la compagna a compiere un movimento circolare fino a posizionarla perfettamente sopra la spermatofora, che può così essere prelevato dalla cloaca della femmina per fecondare le uova all’interno del suo corpo. In genere il passaggio della spermatofora dalla cloaca del maschio a quella della femmina avviene senza traumi o particolare aggressività da parte dei maschi verso le femmine.
L’ovideposizione è acquatica (Donaire-Barroso et al. 2006, IUCN 2021). Le uova vengono fatte aderire sulle foglie di piante acquatiche, sassi o tronchi e sono deposte nell’arco di diverse settimane. Dalle uova, relativamente piccole e avvolte in involucri gelatinosi molto grossi (mediamente più consistenti e voluminosi di quelli di Pleurodeles waltl (Osservazione personale)), nascono, dopo circa 8-12 giorni le larve.
Così come tollerano bene la convivenza tra conspecifici della stessa taglia, gli animali non mostrano particolare tendenza a nutrirsi delle proprie uova, è tuttavia comunque consigliata la rimozione delle uova dalla vasca o luogo di deposizione, per evitare fenomeni di cannibalismo da parte dei genitori verso le future larve e ai fini di monitorare al meglio la schiusa. Le uova andranno prelevate possibilmente senza recidere la membrana gelatinosa, rimuovendo completamente o parzialmente anche le foglie o le parti di tronco al quale esse sono attaccate, e posizionate all’interno di contenitori tra i 5 e i 20+ litri. Per combattere l’insorgenza di muffe è consigliato l’utilizzo di acqua leggermente acida (si può procedere con una percentuale eguale tra acqua della vasca di deposizione e nuova acqua d’osmosi) o l’inserimento di foglie di catappa o di quercia. L’insorgenza di muffe è comunque solitamente bassa per questa specie e la percentuale di schiusa risulta relativamente alta (ma comunque mediamente inferiore rispetto a P.waltl). Si consiglia l’inserimento di un aeratore o filtro ad aria per acquari, per mantenere un minimo di movimento in superficie e non far stagnare l’acqua.
Crescita e sviluppo delle larve:
Alla schiusa le larve presentano tre archi branchie e bilancieri allungati su ciascun lato della testa. I bilancieri vengono persi nel giro di pochi giorni. Gemme sugli arti anteriori, a forma di cono, sono già visibili dopo pochi giorni. Allo stadio larvale successivo, in cui gli arti posteriori hanno ormai già dita ben formate, ma le branchie esterne sono ancora completamente sviluppate, le larve presentano una lunghezza media compresa tra i 39,3 e i 73,7 mm (Ben Hassine e Escoriza 2014). Le larve di P. nebulosus sono sensibilmente più piccole delle larve di P. waltl (Ben Hassine e Escoriza 2014). Una volta uscite dall’uovo, le larve andranno alimentate con microorganismi acquatici, quali piccoli crostacei come Daphnia, Cyclops e naupli di Artemia salina (ben sciacquati prima di essere somministrati) ed altri piccoli invertebrati d’acqua dolce. A partire dai 2-3 cm di lunghezza potranno essere alimentate anche con cibo surgelato, quali ad esempio Chironomus rosso, ed anellidi delle giuste dimensioni, come ad esempio Enchytraeus e Lombriculus. Sarà gradualmente necessario separare in contenitori differenti le diverse larve in relazione alla taglia (la crescita non presenterà eguali ritmi per tutte), per evitare cannibalismo. Le larve impiegano mediamente tra i 2,5 – 4 mesi per metamorfosare, e in natura, in genere lasciano i corsi d’acqua tra marzo e giugno (IUCN 2021).
Quando le larve saranno prossime alla metamorfosi (presenteranno tutti e 4 gli arti ben formati ed inizieranno a riassorbire le branchie) sarà necessario abbassare il livello dell’acqua e posizionare piattaforme affioranti, sassi, tronchi e cortecce galleggianti per facilitare loro l’uscita dall’acqua. I neometamorfosati potranno essere mantenuti in ambiente acquatico, simile a quello descritto per gli individui adulti, mantenendo però un numero elevato di zone emerse e cortecce galleggianti, fino al raggiungimento della maturità sessuale, che potrà avvenire in casi straordinari già entro l’anno, solitamente dopo due. I giovani andranno alimentati con Chironomus, Dafnie, piccoli lombrichi ed Enchytraeus in acqua (forniti mediante pinzetta se in fase terrestre).
In Pleurodeles nebulosus il sesso larvale è influenzato dalla temperatura esterna (Schleich et al. 1996), questo fa di loro degli eccellenti modelli per gli studi sulla determinazione del sesso.
Reperibilitá:
Al momento sono diffuse tre locality in hobbystica per questa specie, due dalla Tunisia ( Teskraia (locality di recente introduzione) e Tabarka ) ed una dall’Algeria. Si tratta di una specie ancora poco comune in terraristica, non essendo ancora stata riprodotta da molti allevatori.
Legislazione:
Note:
Questa specie è considerata rara e in declino. E risulta potenzialmente estinto nelle aree di Grombalia e nelle pianure costiere di Tunisi. Pleurodeles nebulosus è minacciato dall’inquinamento, dalla predazione e dalla competizione diretta ed indiretta con pesci alloctoni invasivi come Gambusia sp., dal roadkill e dai cambiamenti climatici (IUCN 2021). In particolare, sebbene la specie sembri tollerare alcune modifiche apportate all’habitat emerso in ambiente antropizzato (monocolture di cereali), le attività agricole impattano negativamente sui siti naturali di riproduzione, tramite pesticidi ed inquinanti chimici (Donaire-Barroso et al. 2006, Ben Hassine e Nouira 2012, IUCN 2021). La specie può essere trovata in aree protette sia in Tunisia che in Algeria. In Tunisia si trovano all’interno dei parchi nazionali di Ichkeul e El Feija e in Algeria si trovano nelle riserve della biosfera di Taza, Theniet el Had, Djurdjura, Chrea ed El Kala. Inoltre, è una specie protetta in Tunisia ed è protetta dal decreto esecutivo 12-235 in Algeria (IUCN 2021). La specie risulta classificata come Vulnerabile ( VU) per la IUCN.
Sull' Autore...
Jacopo Martino, nato a Roma nel 1997, laureando in scienze biologiche presso l’università degli studi di Roma “La Sapienza”. Lavora per due anni come assistente di laboratorio per il dipartimento di zoologia della sua università, successivamente assiste e partecipa in diversi progetti di monitoraggio e studio di erpetofauna, entomofauna e chirotterofauna. Nel 2022, é tra i coautori del paper “Sexual dichromatism and throat display in spectacled salamanders: a role in visual communication?”, successivamente, partecipa nella pubblicazione di nuovi lavori e note scientifiche, in ambito erpetofaunistico, entomologico, aracnologico ed ittiologico. Socio di Italian Gekko association (IGA), e referente per i progetti e le attività legati al mondo degli anfibi. Membro e Social media manager per la Societas Herpetologica Italica (SHI).Membro dell’Associazione italiana di Aracnologia (AIA) e collaboratore speciale per l’associazione Arthropoda live Museum. Fondatore e responsabile del gruppo di ricerca dell’associazione culturale ProgettoSeeds, che si occupa di divulgazione scientifica su temi naturalistici e ambientali, all’interno del territorio laziale. Alleva anfibi dal 2014, con particolare interesse verso le famiglie Ambystomatidae ed Hynobidae, e per l’ordine Gymnophiona.
Referenze
Citazione: Carranza, S., & Wade, E. D. W. A. R. D. (2004). Taxonomic revision of Algero-Tunisian Pleurodeles (Caudata: Salamandridae) using molecular and morphological data. Revalidation of the taxon Pleurodeles nebulosus (Guichenot, 1850). Zootaxa, 488(1), 1-24.
Citazione: Salvador, A. (1996). Amphibians of northwest Africa.
Citazione: Schleich, H. H., Kästle, W., & Kabisch, K. (1996). Amphibians and reptiles of North Africa (Vol. 63). Germany: Koeltz scientific books, Koenigstein.
Citazione: Sparreboom, M. (2014). Salamanders of the Old World: the salamanders of Europe, Asia and northern Africa. Brill.
Citazione: Hassine, J. B., & ESCORIZA, D. (2014). New ecological data on the family Salamandridae in the Maghreb. Herpetological Review, 45(2), 1-5.
Citazione: Escoriza, D., Gutiérrez-Rodríguez, J., Ben Hassine, J., & Martínez-Solano, I. (2016). Genetic assessment of the threatened microendemic Pleurodeles poireti (Caudata, Salamandridae), with molecular evidence for hybridization with Pleurodeles nebulosus. Conservation genetics, 17, 1445-1458.
Citazione: Amor, N., Kalboussi, M., & Said, K. (2013). Conservation status of amphibians in Tunisia. Basic and Applied Herpetology, 27, 85-100.
Citazione: Merabet, K., Dahmana, A., Karar, M., & Moali, A. (2016). New occurrence record of the Algerian ribbed newt Pleurodeles nebulosus (Guichenot, 1850) in Algeria. Herpetological Bulletin, 137, 43.
Citazione: Escoriza, D., & Hassine, J. B. (2017). Niche separation among north-west African semi-aquatic reptiles. Hydrobiologia, 797(1), 47-56.
Citazione: IUCN SSC Amphibian Specialist Group. 2021. Pleurodeles nebulosus. The IUCN Red List of Threatened Species 2021: e.T61919A179948304. https://dx.doi.org/10.2305/IUCN.UK.2021-3.RLTS.T61919A179948304.en. Accessed on 22 April 2024.
Citazione: Hassine, J. B., & Nouira, S. (2012). The amphibians of Tunisia: biodiversity, distribution, status and major threats. FrogLog, 101, 32-34.